Self check-in e key box sono davvero illegali? Facciamo chiarezza
L’ultima nota del Ministero degli Interni chiarisce in quali condizioni Self check-in o Key box non sono conformi. Scopri quali.
Il Self check-in è una tecnologia che ha rivoluzionato il mondo dell’ospitalità, offrendo agli ospiti la possibilità di registrarsi e accedere alle strutture ricettive senza interazione diretta con il personale. Strumenti come le Key box hanno reso il processo ancora più pratico, specialmente per gestire arrivi fuori orario.
La sua diffusione è stata accelerata dalla pandemia, che ha creato una forte domanda per soluzioni contactless, garantendo flessibilità e convenienza. Tuttavia, con una nota pubblicata il 18 novembre 2024, il Ministero dell’Interno ha chiarito che Self check-in e Key box rischiano di non rispettare la legge, perché non permettono un controllo diretto sull’identità degli ospiti.
In questo articolo vedremo nel dettaglio cosa ha scritto il Ministero e come gli altri Paesi hanno affrontato lo stesso divieto.
Quanto è diffuso il Self check-in: dati sull’utilizzo
Negli ultimi anni, il Self check-in si è diffuso rapidamente, con oltre il 40% delle strutture ricettive a livello globale che adotta sistemi automatizzati, soprattutto nel settore degli affitti brevi e delle case vacanza (dati Hotel Tech Report).
Le Key box, in particolare, sono apprezzate dagli operatori più piccoli per la loro semplicità e convenienza, permettendo di ridurre i costi operativi eliminando la necessità di personale per la consegna delle chiavi.
Tuttavia, questi strumenti avevano già alimentato un acceso dibattito anche prima della nota diffusa dal Ministero, perché considerati sia poco sicuri che un incentivo all’overtourism. Firenze, ad esempio, ha deciso di vietare l’uso delle Key box a partire dal 2025.
A sorpresa, anche Airbnb si è schierata al fianco delle città italiane, esprimendo il proprio sostegno durante l'ultima assemblea Anci a Torino e impegnandosi a promuovere un’ospitalità più responsabile e incentrata sul contatto diretto con gli ospiti.
L'azienda ha annunciato interventi mirati a contrastare l'uso illegale delle Key box in spazi pubblici, attraverso campagne educative e la collaborazione con la propria rete di co-host locali.
Cosa prevede la legge italiana: articolo 109 del TULPS
La prima normativa italiana a stabilire che i gestori di strutture ricettive possano dare alloggio esclusivamente a ospiti identificati tramite documento d’identità risale al Regio decreto n.773 del 1931, provvedimento poi confermato nell’Articolo 109 del TULPS (Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza) attualmente in vigore.
Qui si specifica che:
- la norma riguarda “gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotte, nonché i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere, ivi compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali, ad eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla regione o dalla provincia autonoma”
- che è possibile “dare alloggio esclusivamente a persone munite della carta d'identità o di altro documento idoneo ad attestarne l'identità secondo le norme vigenti”.
- E che è obbligatorio “consegnare ai clienti una scheda di dichiarazione delle generalità conforme al modello approvato dal Ministero dell'interno. Tale scheda, anche se compilata a cura del gestore, deve essere sottoscritta dal cliente”
Già leggendo questo testo, è possibile notare come si scontri con la natura automatizzata del Self check-in e delle Key box, che non prevedono alcun tipo di verifica diretta dei documenti o interazione personale, esponendo così le strutture a possibili violazioni delle leggi vigenti.
Cosa dichiara la nota del Ministero dell’Interno
Con la Circolare del 18 novembre 2024 (n. 38138/2024), il Ministero dell’Interno italiano ha stabilito che Self check-in e Key boxes non sono conformi all’articolo 109 del TULPS se utilizzati senza un controllo diretto sull’identità degli ospiti.
La circolare, dunque, ribadisce l’obbligo per i gestori di verificare l’identità degli ospiti “de visu”, ovvero di persona, accertandosi che ci sia corrispondenza con il documento d’identità esibito.
Il provvedimento è stato motivato dall’"intensificarsi del fenomeno degli affitti a breve termine", favorito dai numerosi eventi politici, culturali e religiosi previsti in Italia, tra cui il Giubileo 2025 a Roma. Si tratta quindi di un chiarimento emanato per prevenire potenziali attività illecite e garantire la sicurezza pubblica.
Quali sono i rischi del Self check-in per i gestori di strutture ricettive
Come comprensibile, la nota del Ministero sta avendo un impatto significativo sul settore, obbligando molte strutture a rivedere le proprie modalità operative.
Tuttavia, è bene essere pienamente consapevoli che utilizzare il Self check-in senza i dovuti accorgimenti potrebbe costituire un rischio non solo per la collettività, ma anche per i gestori:
- Sicurezza compromessa: l’assenza di una verifica personale facilita l’accesso a persone non identificate, aumentando il rischio di crimini o attività illecite nelle strutture.
- Non conformità legale: le strutture che violano le normative possono incorrere in sanzioni amministrative e, nei casi più gravi, nella sospensione delle licenze operative.
- Responsabilità legale: in caso di incidenti o usi impropri della struttura, la mancanza di identificazione può esporre i gestori a gravi conseguenze legali.
- Accessi non autorizzati: sistemi come le key box, soprattutto quelli economici, sono vulnerabili a furti e manomissioni, aumentando il rischio di accessi non autorizzati.
Come viene gestito il Self check-in all’estero
In diversi Paesi, l'adozione di tecnologie avanzate come il riconoscimento facciale ha permesso di utilizzare il Self check-in mantenendo adeguati standard di sicurezza.
Ad esempio, a Singapore, alcuni hotel hanno implementato sistemi come l'E-Visitor Authentication (EVA), che consente agli ospiti di scansionare il proprio passaporto e utilizzare il riconoscimento facciale per verificare l'identità. I dati vengono poi inviati all'Immigration and Checkpoints Authority (ICA) per la convalida.
Negli Stati Uniti, alcune strutture offrono applicazioni mobili che permettono agli ospiti di effettuare il check-in remoto, verificare l'identità tramite un selfie e ricevere una chiave digitale per l'accesso alla camera.
In Europa, l'adozione di queste tecnologie varia, ma si osserva una crescente integrazione di sistemi di riconoscimento facciale e soluzioni ibride per garantire conformità legale e migliorare l'esperienza degli ospiti.
Come potrebbe essere il Self check-in del futuro
Come visto nell’esempio di Singapore, il futuro del Self check-in potrebbe essere garantito dall'Intelligenza artificiale e dalle tecnologie biometriche, come il riconoscimento facciale e dell’iride.
Le compagnie aeree stanno già facendo da apripista in questo senso: i passeggeri di Lufthansa e Austrian Airlines possono già passare attraverso i controlli di sicurezza, accedere alle lounge e imbarcarsi grazie al riconoscimento biometrico, senza necessità di presentare documenti.
Anche l’aeroporto internazionale Zayed di Abu Dhabi sta lavorando a un progetto di "Smart Travel" che, entro il 2025, prevede l’implementazione di autenticazione biometrica e intelligenza artificiale in tutti i punti di controllo di sicurezza. Questo sistema, integrato con i database delle autorità degli Emirati Arabi Uniti, consentirà di autenticare i viaggiatori automaticamente.
In attesa di normative ufficiali che regolino l’utilizzo di tecnologie come Intelligenza artificiale e riconoscimento biometrico anche per il settore alberghiero ed extralberghiero, quali sono le soluzioni disponibili per le strutture ricettive che vogliono rispettare la legge senza sacrificare l’efficienza?
Per provare a rispondere a questa domanda abbiamo preparato una breve guida dove trovi il testo completo della nota del Ministero dell’Interno, il nostro commento e alcune opzioni attuabili.
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